Premesso che:
l'infezione da Papillomavirus umano (HPV, human papilloma virus) è molto diffusa, viene trasmessa prevalentemente per via sessuale, e può determinare l'insorgenza di forme tumorali, tra cui il tumore della cervice uterina, altri tumori in sede genitale (vulva, vagina, ano, pene) ed extragenitale (cavità orale, faringe, laringe);
secondo i dati AIOM-AIRTUM pubblicati nel volume "I numeri del cancro 2019", in Italia quasi 5.000 casi all'anno sono attribuibili a infezioni croniche di ceppi oncogeni dell'HPV: il virus è responsabile dello sviluppo del 100 per cento dei casi di cancro della cervice, dell'88 per cento dei tumori anali, del 78 per cento dei tumori vaginali, del 47 per cento dei tumori del pene, del 31 per cento dei casi di cancro all'orofaringe, del 25 per cento dei tumori vulvari;
la prevenzione primaria avviene mediante vaccinazione, la via più efficace e sicura per combattere il rischio di infezione; la prevenzione secondaria è fondamentale per l'individuazione precoce delle lesioni e si basa su strumenti di diagnosi quali il paptest e l'HPV test;
l'Organizzazione mondiale della sanità ha approvato una strategia globale per accelerare l'eliminazione del cancro al collo dell'utero come problema di salute pubblica, basata su tre pilastri da implementare collettivamente: prevenzione attraverso la vaccinazione, screening e trattamento delle lesioni precancerose, cura del cancro cervicale invasivo;
l'European cancer organisation (ECCO) ha approvato una risoluzione con cui chiede ai Governi europei di eliminare i tumori legati all'HPV attraverso quattro azioni da conseguire entro il 2030: vaccinazione universale contro l'HPV per gli adolescenti; organizzazione di programmi nazionali di screening del cancro dell'utero; offerta di trattamento per il cancro qualitativamente uniforme su tutto il territorio nazionale; implementazione di azioni di sensibilizzazione ed educazione del personale sanitario e della popolazione generale sull'HPV;
la vaccinazione degli undicenni di entrambi i sessi in Italia è raccomandata dal piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 tramite l'offerta attiva e gratuita, garantita nei livelli essenziali di assistenza;
l'offerta di programmi organizzati di screening oncologici per i carcinomi della cervice uterina è una delle linee strategiche di intervento, come strumento di prevenzione oncologica, previste del piano di prevenzione nazionale 2020-2025;
la circolare del Ministero della salute del 12 novembre 2019 ha suggerito di estendere la vaccinazione anche alle donne di 25 anni di età, cogliendo l'occasione della chiamata al primo screening per la citologia cervicale, e di utilizzare la vaccinazione secondo gli indirizzi delle Regioni per tutte le fasce d'età superiori ai 12 anni;
rilevato che:
le coperture vaccinali degli adolescenti per l'HPV al 31 dicembre 2018, diffusi dal Ministero della salute il 2 luglio 2020, mostrano rilevanti differenze regionali per tutte le coorti e per entrambi i sessi: nessuna regione raggiunge l'obiettivo di copertura e la Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute ha evidenziato che "interventi mirati sarebbero necessari in specifici contesti geografici tenendo presente che la vaccinazione anti-HPV, pur non rientrando tra quelle obbligatorie secondo la legge 119/2017, è un livello essenziale di assistenza";
la pandemia da COVID-19 ha avuto un impatto sull'organizzazione di programmi di screening oncologici, ritardando gli accertamenti e allungando le liste d'attesa,
si chiede di sapere:
con quali modalità il Ministro in indirizzo intenda implementare le quattro azioni indicate dall'European cancer organisation per l'eliminazione delle forme tumorali da HPV, in linea con la strategia globale dell'OMS e affinché l'Italia possa essere il primo Paese europeo a porsi tale obiettivo;
quali iniziative, anche normative, intenda adottare per raggiungere gli obiettivi di copertura vaccinale anti-HPV indicate dal piano nazionale della prevenzione vaccinale 2017-2019 e per promuovere una maggiore adesione agli screening per il Papillomavirus;
quali azioni intenda portare avanti per aumentare la consapevolezza sul Papillomavirus della popolazione generale, dei pazienti e degli operatori sanitari.
BOLDRINI , RIZZOTTI - Al Ministro della salute
le infezioni correlate all'assistenza (ICA) sono infezioni acquisite che costituiscono la complicanza più frequente e grave dell'assistenza sanitaria e possono verificarsi in ogni ambito assistenziale, inclusi gli ospedali per acuti, il day hospital e day surgery, le strutture di lungodegenza, gli ambulatori, l'assistenza domiciliare, le strutture residenziali territoriali;
secondo il primo rapporto globale dell'Organizzazione mondiale della sanità, le ICA provocano un prolungamento della durata di degenza, disabilità a lungo termine, aumento della resistenza dei microrganismi agli antibiotici, un carico economico aggiuntivo per i sistemi sanitari e per i pazienti e le loro famiglie e una significativa mortalità in eccesso;
secondo il report annuale dello European centre for disease prevention and control (2017), ogni anno in Europa oltre 3 milioni di pazienti contraggono infezioni correlate all'assistenza che provocano 16 milioni di giornate aggiuntive di degenza, 37.000 decessi attribuibili, 110.000 decessi per i quali l'infezione rappresenta una concausa, mentre i costi vengono stimati in circa 7 miliardi di euro, includendo solo quelli diretti;
in Italia, dal più recente studio di prevalenza sulle infezioni correlate all'assistenza e sull'uso di antibiotici negli ospedali per acuti (protocollo ECDC) emerge che la media delle prevalenze di ICA negli ospedali è pari al 6,5 per cento (450-700.000 infezioni in pazienti ricoverati in ospedale, soprattutto infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi) e, di queste, si stima che circa il 30 per cento sia potenzialmente prevenibile;
il rapporto "Osservasalute" del 2018 ha messo in evidenza che, dal 2003 al 2016, il tasso di mortalità per infezioni contratte in ospedale è raddoppiato sia per gli uomini che per le donne, interessando in particolar modo la popolazione dai 75 anni in su;
atteso che:
la normativa in materia di biocidi è stata riformata a livello europeo con il regolamento (UE) n. 528/2012, che ha sostituito la direttiva "Biocidi" 98/8/CE, relativa all'immissione in commercio di tali sostanze, con lo scopo di migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso l'armonizzazione delle norme relative alla loro messa a disposizione ed utilizzo;
ricadono nell'ambito del regolamento anche i prodotti antisettici, ossia prodotti che non appartengono con chiarezza ad un determinato settore e per i quali è difficile stabilire quale sia la normativa di riferimento da applicare (cosiddetti prodotti borderline);
in Italia i prodotti antisettici destinati alla disinfezione della cute umana integra possono essere registrati come presidi medico chirurgici (biocidi) ricompresi nel nuovo regime autorizzativo previsto dal regolamento (UE) n. 528/2012- BPR;
considerato che:
l'Agenzia chimica europea (ECHA) nelle linee guida per l'applicazione del regolamento europeo n. 528/2012 in materia di biocidi ha previsto che per "i prodotti per l'antisepsi della cute lesa o per l'antisepsi della cute integra prima di un trattamento medico invasivo debbano essere sempre specialità medicinali e, quindi, ricadere sotto la regolamentazione della Direttiva 2001/83/CE";
la Commissione europea nella versione rivista (gennaio 2019) del "Manual on borderline and classification in the Community regulatory framework for medical device" ha specificato che "sulla base delle evidenze disponibili, per l'antisepsi della cute si devono utilizzare prodotti registrati come medicinali";
i più importanti Paesi del continente, tra cui Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Olanda e Spagna, hanno recepito tali indicazioni, prevedendo che per l'antisepsi chirurgica del paziente, anche su cute integra, deve essere utilizzato un prodotto classificato come farmaco a garanzia di sicurezza, qualità, sterilità, tracciabilità e rintracciabilità del prodotto impiegato;
le corrette pratiche di antisepsi della cute lesa o integra prima di procedure mediche invasive rappresentano un valido strumento nella prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza e nella lotta all'antibiotico-resistenza,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno prevedere, in conformità alle linee guida dell'ECHA, alle raccomandazioni della Commissione europea e in linea con i provvedimenti adottati dagli altri Paesi europei, di seguire le indicazioni per l'utilizzo di prodotti registrati come specialità medicinali nell'antisepsi della cute integra, che precede un trattamento medico invasivo, ricadenti quindi sotto la regolamentazione della direttiva 2001/83/CE, anziché come biocidi.